Le conseguenze dei grandi cambiamenti sociali che stiamo affrontando si riflettono immancabilmente sul mondo del lavoro. L’emergere del bisogno di maggior equilibrio tra vita privata e lavorativa procede di pari passo con il fenomeno delle cd. great resignation e con la maggiore consapevolezza dei candidati rispetto alla panoramica dell’offerta attualmente presente.
L’Avv. Sara Sindaco interviene sulle pagine della Rubrica Digital&Law di Key4Biz.it provando a far chiarezza sull’applicazione dei principi di uguaglianza sostanziale, per mediare e limitare i fenomeni legati alle grandi dimissioni o all’incompatibilità del dipendente sul posto di lavoro, post-pandemia.
I bonus statali stanno incentivando la “microeconomia” del lavoro?
È giusto supportare questi momenti di crisi con bonus economici statali come il reddito di cittadinanza, il bonus per redditi “sotto x euro”, bonus 200 euro, ecc.…?
Prima di tutto vincolare i benefici economici alla richiesta di un bonus e non soffermarsi invece sui servizi e sullo sviluppo del clima lavorativo comporta, a mio avviso, un’importante violazione di alcuni principi Costituzionali, come quello di uguaglianza.
Evitare l’impotenza appresa sul luogo di lavoro
La classica metafora dell’impotenza appresa è quella dell’elefante legato ad una corda e a cui si dice: “ora non puoi slegarti, sei incatenato!”. L’elefante nemmeno prova a slegarsi, vede quel vincolo e si ferma in balia degli eventi, eppure con la sua forza ci impiegherebbe pochissimo a spezzare la fune.
Lo stesso può capitare sul posto di lavoro, se anziché incoraggiare la risorsa a crescere, migliorando le condizioni in azienda, il ritmo di lavoro e fornendo sevizi come nidi aziendali, misure di sicurezza e altri benefit, si procede ad erogare bonus una tantum.
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Copertina: Ph. Marcello Moscara