Anche il soggetto più distratto ha sentito parlare della società dell’informazione, la società nella quale viviamo. Il tema è talmente importante e interdisciplinare che è affrontato dal filosofo Luciano Floridi, del quale riportiamo di seguito un brano cruciale sul tema.
“Il sé è concepito come un sistema informazionale complesso, costituito da attività, ricordi e storie in cui si esprime la propria coscienza di sé. In questa prospettiva, noi siamo le nostre informazioni” (in La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Raffaello Cortina Editore, Milano 2017, p. 78).
L’Ing. Giovanni Manca, esperto di digitalizzazione documentale, interviene sul nostro Blog D&L NET per descrivere il contesto in cui la conservazione digitale dei dati deve essere collocata e il ruolo del Responsabile della Conservazione nella nostra società d’informazione.
Dati e informazioni
Si può partire dal concetto di dato, che può essere definito come una rappresentazione oggettiva e non interpretata della realtà, ciò che è immediatamente presente alla conoscenza. Ad esempio, sono dati il numero di una fattura, il suo importo, la data di emissione, ecc. In informatica è l’elemento di informazione costituito da simboli che devono essere elaborati.
Dal dato si ricava l’informazione che è una visione della realtà derivante dall’elaborazione e interpretazione dei dati, il significato che associamo ai dati. L’informazione è il dato nel suo contesto.
Se sui dati si basa, sempre di più, ogni attività umana (ma anche non umana, con i sistemi di Intelligenza artificiale), questi, che dovrebbero essere formati, gestiti e conservati in conformità alla normativa nazionale, ma anche europea, dovrebbero essere anche protetti per garantire i diritti e le libertà fondamentali della persona (protezione dei dati personali), ma anche per preservarne l’integrità (protezione delle informazioni da modifiche indesiderate fatte salve quelle autorizzate), la riservatezza (l’accesso alle informazioni è riservato all’entità autorizzata) e la disponibilità (le informazioni e le risorse interessate sono disponibili solo a chi è autorizzato secondo delle politiche operative predefinite). La figura del Responsabile della Conservazione si colloca strategicamente rispetto a tutti questi aspetti.
Il contesto
La realtà nella quale si collocano i dati e le informazioni è tale da superare le barriere fisiche e quindi il problema non è “come chiudere la porta e dove conservare la chiave” ma agire secondo le regole del mondo della “trasformazione digitale” e dell’informatica dove al “fisico” si deve associare il “logico” tenendo conto che è quest’ultimo a essere predominante.
Questo perché dati e informazioni sono la nuova materia che costituisce base decisiva per la vita quotidiana e le figure professionali ad essi correlate, tra cui quella del Responsabile della conservazione, sono le nuove risorse essenziali in ogni ambito, sia pubblico, che privato.
Se tantissime aziende hanno profitti enormi senza possedere i tradizionali “beni materiali” (Airbnb, Amazon, Uber, Facebook, Twitter, ecc.) questo è dovuto a quella che è identificata come la Data Society (cfr. Fernanda Faini, Data Society, Giuffrè Francis Lefebre, Milano, 2019). Un ragionamento analogo è possibile per i dati gestiti dalle istituzioni che dovrebbero essere utilizzati nei limiti della loro funzione indispensabile e non oltre.
La cybersecurity: un aspetto da non tralasciare
La sicurezza informatica o come spesso la si cita in tempi recenti, cybersecurity (sicurezza cibernetica) mette a disposizione l’insieme di prodotti, servizi, regole organizzative e comportamenti individuali che proteggono i sistemi informatici di un’organizzazione (o di un utente). Anche rispetto a questa funzione, il Responsabile della conservazione può svolgere un ruolo cruciale.
Qualsiasi sistema digitale (e il digitale è ormai presente ovunque) deve disporre di adeguata sicurezza cibernetica, secondo il basilare principio del rischio che si corre nel trattamento dei dati, sia personali che non personali e della sua analisi al fine di individuare le minacce e le contromisure da adottare. La cronaca quotidiana ci rappresenta una realtà ancora immatura in tal senso.
I dati sono esposti, violati, rubati, cancellati, modificati, utilizzati in modo scorretto (vedi le cosiddette fake news) e questo anche perché la società dell’informazione e della comunicazione ha generato la criminalità informatica ma anche una modalità di profitto economico basato sull’abuso nell’utilizzo dei dati (cfr. Shosana Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza, Luiss University Press, Roma, 2019) che sempre più spesso è incontrollato.
Queste problematiche riguardano principalmente la fase di conservazione e la figura del responsabile.
Trattare dati e informazioni richiede inevitabilmente un approccio rigoroso, sia giuridico che tecnico alla cybersecurity per una vita digitale moderna, efficace, efficiente ma soprattutto in linea con i diritti e le libertà delle persone e delle intelligenze artificiali.
La conservazione digitale dei dati deve essere collocata in questo contesto perché ne fa pienamente parte.